Dopo alcuni giorni in Côte de Beaune, siamo partiti alla volta di Reims, capitale dello Champagne e sede di alcune delle più grandi maison, a cominciare da Pommery, e la sua proprietà che è praticamente un quartiere della città, per non parlare degli altrettanto blasonati Taittinger e Roederer.

Sembra che nessuna di queste grandi maison sia aperta tra Capodanno e l’Epifania, perciò non ci è stato possibile visitarne alcuna, come invece speravamo di fare. In compenso, però, siamo andati a vedere come nasce uno Champagne artigianale.

Partiti da Beaune, abbiamo fatto una deviazione per visitare un’altra capitale del vino: Chablis (dove producono anche dei deliziosi cioccolatini ripieni di ganache alla Marc de Bourgogne che sono una specie di dannazione).

In serata, siamo giunti a Reims che, manco a dirlo, abbiamo trovato un po’ fredda.

la città – ce ne accorgeremo nei giorni seguenti – è vivace e ricca di fascino. Dapprima, però, ci siamo spinti solo fino alla cattedrale, che abbiamo ammirato dentro e fuori, ma per lo più da dentro un vicino pub, stringendo fra le mani un hamburger caldo (che non sarà il massimo della tipicità, ma a momenti salva la vita).

Il giorno successivo, abbiamo incontrato Jean, per visitare i vigneti e la cantina della maison Croix D’Irval, lo Champagne che importo.

Anche quella mattina, il clima non era dei più miti e la foschia ci ha un po’ rovinato la vista dai vigneti sulla città.

Anche qui le vigne sono completamente ricoperte da uno strato di ghiaccio, il che rende la vista comunque spettacolare.

Scesi dalle alture, è il momento di visitare la cantina in cui lo Champagne viene prodotto.
Durante i miei studi di Sommelier con la delegazione AIS di Trieste ho avuto modo di imparare bene le fasi di produzione dello Champagne, ma una cosa è studiarlo su un libro, una cosa è vedere con i propri occhi le stanze dove la “magia” ha luogo.

Al termine del giro in cantina, Jean ci ha portati a casa sua, dove abbiamo pranzato con i suoi genitori e suo figlio.
Qui abbiamo avuto modo di scoprire di più a proposito dell’attività di Jean. Sapevamo, infatti, che è il primo della sua famiglia a produrre Champagne, sebbene da diverse generazioni possiedano i vigneti.
Parlando (più o meno come Totò e Peppino a Milano, dei quali peraltro mia moglie emulava anche l’abbigliamento) più a lungo con Jean e suo padre Henri abbiamo saputo che quest’ultimo, e suo padre prima di lui, è stato un broker di uve e che, dunque, la famiglia è da generazioni nella produzione di Champagne, e conosce molto bene la materia prima con cui produrlo.

La sera, in città, non abbiamo resistito al demone dello shopping e siamo andati in un’enoteca consigliataci da Jean, dove abbiamo acquistato  bottiglie di Champagne prodotte in altre zone, per degustarle a confronto al nostro ritorno a Trieste.